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Professori e Studiosi

... amerete la patria amando la scienza che, avversa a qualunque legame, schiva di ogni tirannide, non sopporti freni, ma coraggiosa procede; la scienza che suona amore del vero, che suona bene dell'umanità, che in molti casi suona dovere, un complesso di cose che possono meritare ed anche imporre il sacrificio della vita ...

Domenico Lovisato

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Domenico Lovisato, ancora oggi sconosciuto ai più, nacque ad Isola d’Istria il 12 agosto 1842 da genitori poverissimi, terzo di cinque figli di Giuseppe Lovisato e di Antonia Vascotto; all’età di due anni perse il padre. Fin da ragazzo fu attratto dal regno naturale; nella povertà e con enormi sacrifici, dopo aver frequentato il ginnasio di Capodistria, riuscì a frequentare il corso di matematica dell’Università di Padova, dove fu indicato quale giovanissima promessa della scienza italiana. Patriota fino all’estremo, si rese protagonista di clamorose proteste studentesche contro la polizia austriaca; fu processato e incarcerato diverse volte, subendo l’espulsione da tutte le scuole dell’Impero.

La sua fama di studente modello e l’intervento del senato accademico lo reintegrarono con l’ottenimento di un solo anno di confino al suo paese natale. La sua “prigionia” durò ben poco; due mesi dopo si arruolò al seguito di Garibaldi per combattere con l’eroe in Trentino e per la liberazione della Venezia Euganea. Alla fine della guerra nel 1867 fece ritorno a Padova, nel frattempo diventata italiana, per completare gli studi e laurearsi. Fu subito nominato assistente alla cattedra di matematica acquisendo ben presto esperienze nel campo della geologia e della botanica. Insegnò a Sondrio, Sassari, Agrigento, Catanzaro e Cagliari, diventando un punto di riferimento per molti allievi. Nel 1879 venne nominato professore straordinario di geologia e mineralogia all’Università di Sassari. Nel 1881 partecipò al seguito del capitano Giacomo Bove alla spedizione scientifica in Patagonia e nella Terra del Fuoco, scoprendo nuove terre e montagne alle quali diede il nome di Monte Trieste, Monte Garibaldi, Monte Roma e Baia Pia; fu un viaggio molto importante ma anche abbastanza faticoso per la salute del Professore.
I riconoscimenti, gli onori conquistati nel campo della scienza e le offerte del governo argentino per trattenerlo in Sudamerica non mutarono l’esuberanza patriottica del Professore il quale da irriducibile garibaldino fece ritorno in Italia.
Giunto ad Isola d’Istria gli venne notificato il seguente bando: “Al signor Domenico Lovisato professore, ora in isola. Considerato che Ella non possiede la sudditanza austriaca, considerato che la di Lei dimora in questo territorio si presenta per riguardi d’ordine pubblico e di sicurezza come inammissibile, l’i.r. Capitanato distrettuale trova di pronunciare a mente del paragrafo 2, capoverso V, della legge 27 luglio 1871 B.L.I.N. 88 in Lei confronto lo sfratto forzoso. Nel caso del di Lei ritorno, verrebbe consegnato all’Autorità giudiziale e penale pezione. Capodistria, 1 luglio 1883 L’I.I. Capitanato distrettuale Bosizio m.p." Dovette perciò immediatamente ripartire rifugiandosi in Sardegna, terra considerata da lui come seconda Patria.

Nel 1884 venne nominato professore ordinario di geologia e mineralogia all’Università di Cagliari: durante questo periodo aggiornò l’opera di Alberto La Marmora, organizzò il Club Alpino Sardo, pianificò la costruzione del Rifugio La Marmora sul Gennargentu. E’ stato uno dei cittadini benemeriti di La Maddalena, intervenendo nelle offerte in denaro per la realizzazione della colonna Garibaldi in occasione del centenario della nascita dell’Eroe (1807-1907). Nonostante il suo tempo fosse dedicato al lavoro di ricercatore e di insegnante, nelle vene del Professore istriano scorreva però ancora il sangue della politica. L’odio innato nei confronti dell’Impero austroungarico raggiunse il suo apice nel maggio del 1915, allorché chiese di essere arruolato come volontario sul fronte italiano della prima guerra mondiale, per poter contribuire alla tanto attesa liberazione dell’Istria.
Il gesto dell’anziano Professore fu molto apprezzato, ma nonostante tutto egli non poté gioire della vittoria definitiva contro i suoi nemici di sempre. 

Domenico Lovisato, si spense a Cagliari il 23 febbraio 1916, dopo lunghe sofferenze.
Per espressa volontà, volle che la tomba della sua famiglia fosse ricoperta da un masso di granito di Cala Francese; la figlia Pia prese i primi contatti nel 1920 con Attilio Grondona, il quale, sensibile a tale richiesta, in ricordo dell’amico scomparso, mise a disposizione la propria cava e le maestranze per la realizzazione della lapide.
La tomba di Lovisato è situata nel vecchio cimitero di Bonaria a Cagliari; conserva oltre le spoglie del professore, anche quelle della moglie Pia Tamaro deceduta nel settembre del 1920, della figlia e di alcuni familiari.

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Scultura

Prof. Domenico Lovisato
Geologo Garibaldino, Isola d'Istria 1842 - 1916 Cagliari
Opera donata, all'Associazione Giovanni Cesaraccio-Pro Natura,
dallo Scultore Dario Caruso nel settembre 2024

 


 

Pubblicazioni su Lovisato

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Prof. Antonio Assorgia e Tommaso Gamboni

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Ricordo: sul tavolo i 5 volumi realizzati dal Prof. Assorgia, riguardanti la trascrizione dei quaderni di campagna di Domenico Lovisato, quando il Professore Istriano si recò in Patagonia e nella Terra del Fuoco. 

Si discute del nuovo libro che Tommaso Gamboni stava (2016) per pubblicare su Lovisato e del nuovo progetto relativo ai libretti degli appunti sul territorio Italiano.

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la tomba con la lapide in granito di Cala Francese

a lato l'immagine della tomba di Domenico Lovisato ricoperta dal masso di granito proveniente dalla cava di granito di Cala Francese, Isola di La Maddalena.
Per espressa volontà, il Professore volle che la sua tomba fosse ricoperta con un masso di granito, come quello che chiude la tomba del suo caro Amico G. Garibaldi a Caprera.

                                                                

foto Manuela Urban
 

Testi tratti dalla Pubblicazione: Domenico Lovisato "su dottori de is perdas" di Tommaso Gamboni, Ediz. Ass. Giovanni Cesaraccio, 2016, pp. 120